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Our OSIRIS-REx spacecraft launches tomorrow, and will travel to a near-Earth asteroid, called Bennu. While there, it will collect a sample to bring back to Earth for study. But how exactly do we plan to get this spacecraft there and bring the sample back?
After launch, OSIRIS-REx will orbit the sun for a year, then use Earth’s gravitational field to assist it on its way to Bennu. In August 2018, the spacecraft’s approach to Bennu will begin.
The spacecraft will begin a detailed survey of Bennu two months after slowing to encounter the asteroid. The process will last over a year, and will include mapping of potential sample sites. After the selection of the final site, the spacecraft will briefly touch the surface of Bennu to retrieve a sample.
To collect a sample, the sampling arm will make contact with the surface of Bennu for about five seconds, during which it will release a burst of nitrogen gas. The procedure will cause rocks and surface material to be stirred up and captured in the sampler head. The spacecraft has enough nitrogen to allow three sampling attempts, to collect between 60 and 2000 grams (2-70 ounces).
In March 2021, the window for departure from the asteroid will open, and OSIRIS-REx will begin its return journey to Earth, arriving two and a half years later in September 2023.
The sample return capsule will separate from the spacecraft and enter the Earth’s atmosphere. The capsule containing the sample will be collected at the Utah Test and Training Range.
For two years after the sample return, the science team will catalog the sample and conduct analysis. We will also preserve at least 75% of the sample for further research by scientists worldwide, including future generations of scientists.
The OSIRIS-REx spacecraft is outfitted with some amazing instruments that will help complete the mission. Here’s a quick rundown:
The OCAMS Instrument Suite
PolyCam (center), MapCam (left) and SamCam (right) make up the camera suite on the spacecraft. These instruments are responsible for most of the visible light images that will be taken by the spacecraft.
OSIRIS-REx Laser Altimeter (OLA)
This instrument will provide a 3-D map of asteroid Bennu’s shape, which will allow scientists to understand the context of the asteroid’s geography and the sample location.
OSIRIS-REx Thermal Emission Spectrometer (OTES)
The OTES instrument will conduct surveys to map mineral and chemical abundances and will take the asteroid Bennu’s temperature.
OSIRIS-REx Visible and Infrared Spectrometer (OVIRS)
This instrument will measure visible and near infrared light from the asteroid. These observations could be used to identify water and organic materials.
Regolith X-Ray Imaging Spectrometer (REXIS)
REXIS can image X-ray emission from Bennu in order to provide an elemental abundance map of the asteroid’s surface.
Touch-and-Go Sample Arm Mechanism (TAGSAM)
This part of the spacecraft will be responsible for collecting a sample from Bennu’s surface.
OSIRIS-REx Talk Wednesday, Sept. 7 at noon EDT Join us for a discussion with representatives from the mission’s science and engineering teams. This talk will include an overview of the spacecraft and the science behind the mission. Social media followers can ask questions during this event by using #askNASA. Watch HERE.
Uncovering the Secrets of Asteroids Wednesday, Sept. 7 at 1 p.m. EDT During this panel, our scientists will discuss asteroids, how they relate to the origins of our solar system and the search for life beyond Earth. Social media followers can ask questions during this event by using #askNASA. Watch HERE.
Thursday, Sept. 8 starting at 4:30 p.m. EDT
Watch the liftoff of the United Launch Alliance’s (ULA) Atlas V rocket from Kennedy Space Center in Florida at 7:05 p.m.
Full coverage is available online starting at 4:30 p.m. Watch
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We will also stream the liftoff on Facebook Live starting at 6:45 p.m. EDT. Watch
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Quanti di voi sapevano che, sulla parte anteriore della coscia destra della tuta EMU degli astronauti delle missioni Apollo, ci fosse una specie di finestrella pensata appositamente per praticare iniezioni d’emergenza?
Si chiamava Biomedical Injection Patch ed era un disco di silicone attraverso il quale l’astronauta poteva iniettarsi farmaci in emergenza tramite delle siringhe automatiche a penna: il setto di silicone (non visibile nel riquadro perché nascosto da uno strato di tessuto) permetteva di non depressurizzare la tuta perché subito dopo la puntura ritorna elasticamente alla forma iniziale. Il funzionamento è simile a quello degli attuali port-a-cath utilizzati nella chemioterapia, dispositivi che hanno cominciato a diffondersi nei primi anni ’80 e che non mi stupirebbe scoprire che si ispirano a quelli progettati dalla NASA.
Nel kit, vi erano adrenalina e antivertiginosi (e qualcuno sostiene che vi era anche del cianuro, per eutanasie d'emergenza, nel caso qualcosa fosse andato storto).
Image Credits: NASA, Paul Calle Sources: Chi ha paura del buio? https://www.hq.nasa.gov/alsj/a14/A14ShepardFlownSuit.html https://ntrs.nasa.gov/archive/nasa/casi.ntrs.nasa.gov/20130011327.pdf http://history.nasa.gov/SP-368/s6ch6.htm
La sonda Cassini, lanciata il 15 ottobre 1997, è entrata in orbita attorno a Saturno il primo luglio del 2004. Prima di Cassini, Saturno veniva osservato quasi esclusivamente da Terra con l'eccezione delle immagini e dei dati raccolti dalle sonde Pioneer 11 e Voyager 1 e Voyager 2, che hanno effettuato dei flyby del pianeta, rispettivamente nel 1979, nel 1980 e nel 1981.
Cassini ha cambiato completamente la nostra visione di Saturno! Nei 12 anni trascorsi a orbitare attorno al pianeta, a fotografare e studiare i suoi anelli e le sue lune, la sonda ha percorso circa 2.2 miliardi di miglia dal suo arrivo nel 2004 e ha raccolto circa 600 GB di dati, scoperto 10 lune, inviato circa 380.000 immagini.
Oggi 30 novembre 2016 la missione Cassini della NASA inizierà una serie di orbite che la porteranno a spingersi oltre il bordo esterno degli anelli principali di Saturno (oltre le orbite dell'anello F), a 7.800 chilometri di distanza.
Gli ingegneri NASA stanno effettuando correzioni di rotta volte a modificare l'orbita di Cassini in modo da aumentare la sua inclinazione rispetto all'equatore e agli anelli di Saturno e di beneficiare di una "spinta" gravitazionale di Titano per inserirsi nella prima delle fasi conclusive della sua missione. Grazie a questo passaggio Cassini orbiterà attorno al polo Nord e al polo Sud del pianeta fino al 22 aprile 2017, tuffandosi ogni sette giorni nel bordo esterno degli anelli principali, per un totale di 20 volte, sfiorandoli per raccogliere campioni di molecole e gas
Durante queste orbite, Cassini passerà a circa 90.000 chilometri sopra alle nubi di Saturno: sarà una fase emozionante, ma sarà solo un preludio a quello che ci attenderà a partire dal mese di aprile, quando la sonda inizierà il Gran Finale, che terminerà il 15 settembre con il tuffo nell'atmosfera di Saturno.
Il motivo che ha portato gli scienziati a decidere per questa soluzione è che la sonda sta per esaurire il carburante e c'è l'esigenza di tutelare le lune di Saturno potenzialmente abitabili. A questo punto la soluzione scientificamente migliore è quella di progettare il fine missione in modo da condurre un'indagine straordinaria e non creare problemi al sistema di Saturno.
Il codice scritto in linguaggio assembly che portò l'America sulla Luna nel '69 è stato pubblicato su GitHub. La routine di accensione dei motori principali si chiama BURN_BABY_BURN Girano altre routine di gestione dell'allunaggio, dove pare ci siano stringhe di indicazioni per gli astronauti "GIRARE QUEL COSO SCEMO LÌ" "CONTROLLARE SE DICE CAZZATE"
Ieri Margaret Hamilton ha ricevuto il prestigioso premio "Presidential medal of freedom" per aver guidato con successo il team per la creazione dell'on-board computer dell'Apollo 11, permettendo quindi il primo allunaggio umano della storia
Anni 60. Sembrava una corsa inarrestabile quella verso lo spazio.
Il programma Apollo realizzò il sogno americano di portare l'uomo sulla luna prima dei sovietici, dopo le sconfitte subite da questi ultimi, prima nel ‘57 con il primo satellite Sputnik fino al ‘61 con il primo viaggio spaziale di Yuri Gagarin. Un sogno durato 3 anni, 6 missioni e 12 astronauti. Una promessa mantenuta, quella del presidente John F. Kennedy, che prevedeva la conquista del satellite terrestre entro la fine di quel decennio.
Le tecnologie aerospaziali sono migliorate esponenzialmente da quei tempi, allora perchè non si torna più sulla luna?
Parte della popolazione crede che, in realtà, nessun uomo ci sia mai stato, un'ipotesi diffusa anche sul grande schermo, da un film del '78 di Peter Hyams, Capricorn One, che racconta di una falsa missione su Marte organizzata dalla Nasa per non vedersi cancellati i finanziamenti del governo, e da un popolare libro del fotografo francese Philippe Lheureux, pubblicato nel 2001, dal titolo Lumières sur la Lune. Idee che sono state smentite più volte, grazie anche alle sonde come la Lunar Reconnaissance Orbiter che ha recentemente inviato foto che mostrano i resti dei moduli di atterraggio, le strumentazioni e i percorsi effettuati dagli astronauti.
(Ebbene sì, ci sono ancora le impronte! Niente atmosfera = niente vento)
Il problema principale è di natura economica: i fondi destinati alla NASA sono diminuiti, di conseguenza bisogna saperli gestire bene, specialmente se si hanno necessità esplorative e di sperimentazioni, con nuove missioni, tra cui quella di portare un uomo su un asteroide entro il 2025 e la conquista di Marte entro il 2030. Il programma Apollo costò circa 24 miliardi di dollari del tempo, vi lavorarono oltre 400.000 persone. Per ogni missione vi era un solo lancio del Saturn V, mentre oggi servirebbero due lanci SLS, uno per il lander ed uno per l’Orion, a distanza di sei mesi l’uno dall’altro, entrambi dotati di uno stadio propulsivo criogenico (CPS); quest’ultimo serve per portare i moduli dall’orbita terrestre (LEO) a quella lunare (LLO). Come in passato, il lander sarebbe diviso in una parte inferiore (modulo di discesa) ed una superiore (modulo di risalita); quest’ultima ospiterebbe tutto l’equipaggiamento, le forniture ed i consumabili per l’equipaggio, nonchè sportelli adatti al passaggio delle tute “block 2 EVA Deep Space Suit”. Al termine del soggiorno lunare, l’equipaggio ripartirebbe verso l’Orion, che ha sufficiente delta-V per ricongiungersi al modulo di risalita in qualsiasi momento, anche se un rientro non nominale potrebbe imporre una permanenza in orbita lunare in attesa di una finestra favorevole alla traiettoria di rientro verso la Terra. Ad ogni modo, il costo del veicolo di discesa sarebbe, da solo, di svariati miliardi di dollari, da sommare agli svariati miliardi per i lanci SLS e tutto il resto, rendendo una missione lunare assai poco probabile.
Oltre al fattore economico, le agenzie spaziali cercano di preservare le preziosissime risorse umane che hanno. Una missione lunare, anche se potrebbe sembrare molto più semplice rispetto ad una marziana, ha comunque le sue insidie. Insidie che negli anni ‘60, anche se le strumentazioni non lo permettevano quanto oggi, venivano superate con un entusiasmo da “prima volta”, nonostante i vari incidenti di percorso - vedi quello del ‘67, verificatosi durante un addestramento terrestre, nel quale persero la vita i tre astronauti destinati alle prime missioni lunari, rimandate poi alla fine del ‘68, o quello sfiorato con l’Apollo 13 nel ‘70.
L’ultima speranza di rivedere un uomo sulla luna si potrebbe avere dal fronte russo: si vocifera che, dal 2024, la Russia sospenderà i finanziamenti per la stazione spaziale ISS, e che tra il 2029 e il 2030 verrà finalmente realizzato il sogno di qualche cosmonauta di passeggiare su un corpo celeste!